Lavorare alla genovese


Stanlio & Ollio al lavoro

Stanlio & Ollio al lavoro

Un mio caro amico diceva che “bisognerebbe lavorare alla tedesca e divertirsi all’italiana mentre putroppo siamo soliti fare l’esatto contrario”
Aveva vissuto e lavorato a lungo in Germania dove, a dir suo, se chiedi un astronave consegnata a casa entro le 15:00 del pomeriggio le possibilità sono due:

  1. rispondono che non si può, si scusano e passano ad un altro cliente
  2. rispondono che si può ed alle 14:50 due operai in tenuta antinforunistica ti consegnano l’astronave e te ne propongono il collaudo.

L’amico mio, passando dal serio al faceto, aggiungeva che invece in Italia le cose vanno diversamente:

Ti viene risposto che non ci sono problemi ed alle 15:40 ti chiamano per dirti che sono bloccati in autostrada.
Nella migliore delle ipotesi arrivano in serata incazzati neri con te che abiti dove non c’è posteggio, ti mollano sul pavimento una lavatrice garantendoti che entro pochi giorni un loro collaboratore ti contatterà per trasfromarla in astronave a domicilio in quanto le astronavi erano finite.

Questo folcloristico ma a parer mio veritiero quadretto, si rivela ancor troppo generoso se andiamo ad analizzare la realtà lavorativa genovese.
Oramai passati alla storia gli sketc di Balbontin & Ceccon intitolati “la torta di riso è finita” incarnano nel migliore dei modi lo spirito di imprenditoria suicida ligure.

Nel corso della mia avventura professionale mi sono trovato spesso a proporre collaborazioni e progetti comuni a partner locali e nella migliore delle ipotesi la risposta è stata: ” e se poi non va ?”

Sfiducia, approsimazione, improvvisazione, massimo risultato con il minimo sforzo sono le parole chiave del lavorar genovese.
Questa insana e paludante modalità non risparmia purtroppo neppure i settori relativi alle tecnologie avanzate i quali emblematicamente dovrebbero essere invece vissuti con coraggio precisione e competenza.

“Genova, una città da cui è bello partire”  (Oscar Wilde)