Esodo Giuliano Dalmata: la testimonianza di chi lo ha vissuto


Fiume

Fiume

Durante la seconda guerra mondiale, persi entrambi i genitori . Mio padre, Caporal Maggiore dell’ Esercito Italiano 540° Battaglione Costiero delle Forze Armate Italiane.
Prigioniero degli Inglesi, alla caduta di Siracusa, e tradotto prigioniero in Egitto, perse la vita a 31 anni a causa del colera contratto nel campo, di prigionia e sepolto ad El Alamein. Di Lui mi rimane la piastrina di riconoscimento, che portava al collo, che venne inviata assieme ai vari documenti che ne attestavano la morte, ai suoi genitori nonché miei nonni e tutori, in quanto all’epoca, avevo solo 5 anni.
La mia povera Madre…”Staffetta Partigiana”, mentre la notte scendeva, dalle alture di Fiume, indossando la divisa partigiana, fu catturata dalle S.S e trasferita alla Risiera di San Saba a Trieste ed infine deportata al Campo di Concentramento di Dachau dove a soli 21 anni venne giustiziata.

Fiume

Fiume

Io, bambina, rimasi sola, con i nonni paterni, in un Italia, uscita sconfitta e distrutta. Trascorrevo la mia giornata nel prestigioso negozio di Tessuti, sotto la Torre di Fiume, ignara del fatto che, nel frattempo, i grandi della terra, si spartivano i territori conquistati. Solo Trieste rimase Italiana, mentre ,Fiume Pola e Zara vennero ignobilmente cedute alla Jugoslavia. Ricordo, come fosse ora, quel gigante in divisa con la stella rossa sul cappello varcare la porta del negozio e, dopo aver osservato con ammirazione tutto l’ interno, si rivolse alla nonna Celestina chiedendo: ” Chi è il titolare di questo stupendo negozio ?” La nonna, intuì subito quanto stava accadendo e rispose fermamente: “Sono io”

A seguito di tale affermazione, il gendarme esclamò “Bene drugarica (compagna) da domani avrai l’onore di gestire questa attività, per conto della Repubblica Socialista del Maresciallo Tito “.
Per non sottostare a questo sopruso, i nonni decisero di lasciare tutto : negozio, casa in collina, con giardino e orto e terra natia. Ebbe inizio così, quella parte di storia controversa e tormentata, accademicamente definita : “Esodo Giuliano Dalmata” Che per noi comportò un interminabile calvario.

Raccolti gli effetti personali, salimmo su quel treno che come prima tappa ci condusse direttamente a Livorno e
in seguito fummo trasferiti alla Colonia Fara di Chiavari, dove stazionammo per circa 10 anni.
Grossi saloni suddiviso da tendoni, dove ciascuna famiglia, viveva cucinava, con fornelletti di fortuna e dormiva (pensate a rumori ed odori) e per ultimo bagni comuni al piano terra.

Infine, solo negli anni 50, lo Stato assegnò le abitazioni promesse 20 anni prima dall’On. De Gasperi per garantirci una precisa condizione : Rimanere Italiani !!!!
Non fummo accolti a braccia aperte, ma al grido di: ” Fascisti, Zingari,tornate a casa vostra !!!!!!

Ecco perchè …… IO NON DIMENTICO !!!

Claudia CIurlizza